Quest’estate la GS ha compiuto 45 anni!
presentata da Citroën nel 1970 per colmare una fascia di mercato tra la piccola 2CV e la più grande DS, per ricordare questo avvenimento riportiamo un bel articolo di Automobilismo.it, buona lettura:

CITROËN GS, PICCOLA AMMIRAGLIA
Dopo aver stupito il mondo con la DS, Citroën ribadì i concetti amalgamandoli con la semplicità della 2CV. Creò così un’automobile avveniristica, piccola di cilindrata ma dai contenuti tecnici elevati e di avanguardia. Fu un successo giocato sul soffice comfort delle sospensioni idropneumatiche, qualità telaistiche…
Nel 1970 il modello GS occupò il vuoto nella gamma Citroën fra le piccole derivate dalla 2CV e le “2 litri” derivate dalla DS. Dalle une e dalle altre prese interessanti peculiarità combinandole con altre studiate apposta per lei, come la carrozzeria a due volumi disegnata da Robert Opron con linee affusolate, razionali e moderne in perfetta sintonia con i contenuti tecnici.
Pininfarina anticipò quelle linee nel 1976 in una dream-car sulla base della BMC 1800 telaio # 8260. Ma non importa chi è arrivato prima, importa che la Citroën abbia avuto il coraggio di mettere in serie un’auto che per gli altri era futuribile. Fra le particolarità stilistiche della GS, ricordiamo le ampie superfici vetrate, il CX = 0,30 in linea con quello delle sportive più affermate all’epoca, i fari di grandi dimensioni, l’originale taglio delle portiere, la terza luce laterale e l’ampio lunotto molto inclinato. Tutto questo dava un’impressione di modernità che rompeva con i canoni classici. La stessa impressione si aveva all’interno dove sulla plancia a onda spiccava il tachimetro a tamburo rotante luminoso con il fondo che assumeva colori diversi con l’aumentare della velocità per ricordare il proporzionale aumento degli spazi d’arresto.
Quattro freni a disco
Dal punto di vista meccanico il lavoro più innovativo fu di portare in un’auto di carattere economico le fantastiche sospensioni idropneumatiche della DS: quattro magiche sfere (una per ruota) riempite a metà di gas e a metà di olio, variando la portata del quale si manteneva l’assetto costante e “soffice” mentre l’auto superava ogni asperità stradale. Il risultato era un comfort impensabile con sospensioni convenzionali e una tenuta di strada da leggenda. La capacità auto-stabilizzante del sistema poteva compensare addirittura la mancanza di una ruota, come si vide nelle evoluzioni dimostrative dell’epoca e come si vede oggi nei filmati su Internet. Le sospensioni idropneumatiche consentivano di alzare la vettura, per esempio nella marcia sulla neve alta. Bastava muovere la leva che controllava la portata dell’olio per procedere alti da terra senza pericolo di “spanciare”.
Lo stesso olio delle sospensioni, messo in pressione da una pompa azionata dal motore, serviva anche i freni (quattro dischi, un’eccezione per l’epoca su auto di questa classe) garantendo una frenata potente e senza sforzo. Il sistema frenante era semplificato rispetto a quello della DS, ma non era uno svantaggio. La ripartizione del potere frenante sugli assi, per esempio, non era regolata dal pedale, ma da un correttore in funzione del carico. Ciò permetteva un pedale convenzionale invece del “funghetto” che nella DS appariva una stramberia a chi era fuori dal “mondo Citroën”. I dischi anteriori sull’uscita del cambio aiutavano le sospensioni nell’effetto “anti dive” (il contrasto all’abbassamento del muso in frenata). Il circuito dei freni era doppio e aveva un serbatoio di pressione che garantiva un breve periodo di funzionamento anche a motore spento. In ogni modo la spia rossa STOP sul cruscotto avvertiva quando la pressione del circuito era insufficiente, come nei primi istanti del riavvio dopo una lunga inattività.
Auto dell’anno 1971
Il motore condivideva con la 2CV la disposizione boxer e il raffreddamento ad aria. Ma i cilindri erano quattro invece di due e al posto dell’albero a camme centrale con aste e bilancieric’erano due alberi a camme intesta (uno per bancata), azionati da cinghia dentata. I bilancieri c’erano, ma solo per permettere una facile regolazione del gioco e soprattutto per potere disporre le valvole a V e ottenere una camera di scoppio di buona efficienza. La GS debuttò nell’autunno del 1970 con carrozzeria berlina a cinque posti con quattro porte e due livelli di finitura: Confort (base) e Club (più ricco).
Le originalità tecniche e le qualità stradali offerte a prezzi ragionevoli le garantirono il titolo di Auto dell’Anno 1971. La comodità, la spaziosità, la linea moderna, il grande bagagliaio (465 litri) e le buone prestazioni le garantirono inoltre un immediato successo commerciale. Tuttavia, i primi clienti rilevarono che il motore, potente in rapporto alla cilindrata, richiedeva attenzioni quasi da “da corsa”, ovvero una guida con frequenti cambi di marcia e una manutenzione molto accorta. Derogare dalla qualità del lubrificante Total raccomandato dalla Casa portava l’usura precoce degli alberi a camme, che peraltro non sopportavano la cattiva regolazione del gioco delle valvole.
Altri fastidi venivano dalla manovrabilità del cambio e dai lunghi collettori d’aspirazione nei quali, a freddo, una parte della miscela aria-benzina si condensava sulle pareti provocando irregolarità di funzionamento e consumo anomalo: a questo proposito si rivelò un disastro il carburatore con il secondo corpo ad apertura pneumatica. Infine, oltre alla contraddizione fra il comfort “di lusso” e il motore “tirato”, emerse anche quella fra le raffinatezze tecniche e la povertà di certe finiture.
Tentativo con il Wankel 
Con il tempo la Casa rimediò a tutto. Iniziò subito dal carburatore, adottando l’apertura meccanica differenziata del secondo corpo, e dai collettori modificandoli in modo che prelevassero aria calda dallo scarico; rimediò infine ai piccoli difetti di gioventù e nel primo anno di produzione il modello trovò l’affidabilità che la clientela si attendeva. Nel settembre 1971 debuttarono le versioni con carrozzeria familiare in due configurazioni: 5 porte (Break e Commerciale) e 3 porte (Service) entrambe disponibili in allestimento Comfort e Club e tutte con il portellone posteriore assurdamente negato alle berline da Pierre Bercot, allora direttore della Citroën, nel timore che potesse dare un’immagine da utilitaria. Nello stesso 1971 per tutta la gamma la Casa propose la variante Convertisseur che semplificò al massimo la guida, con una trasmissione semiautomatica a tre marce con convertitore di coppia.
Nel settembre 1972 (model year 1973) il motore 1015 cc con 54 CV, giudicato da alcuni poco potente in relazione al peso e alle dimensioni non proprio da utilitaria della vettura, fu affiancato dalla versione maggiorata a 1222 cc con 65 CV, più consona al modello e più “trattabile” nell’uso normale. Nel settembre 1973 (model year 1974) vi fu il passo falso della GS Birotor con due rotori Wankel. La potenza di 107 CV esaltò le qualità del telaio, ma la scarsa tenuta nel tempo dei rotori e un consumo incompatibile con la sopravvenuta crisi petrolifera fermarono la produzione a 847 esemplari. La crisi favorì invece la GSpécial (solo berlina) presentata nel gennaio 1974 con il motore 1015 e l’allestimento semplificato per contenere al massimo il prezzo.
Con i model year 1975 (presentazione settembre 1974) la GS si avvicinò alla clientela più raffinata con la berlina 1220 Pallas, che nel vocabolario Citroën significa lusso, e ai giovani con le berline X (1015) e X2 (1220) in tinte vivaci e look sportivo. Giunte alla piena maturità meccanica e di gamma, le GS del 1976 non subirono variazioni salvo modestissimi cali di potenza in tutti i motori a causa dei primi dispositivi anti-inquinamento imposti in quasi tutti i Paesi. Nel 1977 la Casa operò un moderato restyling esterno che interessò la calandra, i fanali posteriori, i cerchi e la decorazione del baule mentre all’interno un cruscottino con strumenti convenzionali rimpiazzò quello montato in precedenza. Nella meccanica un nuovo motore di 1129 cc con 55 CV sostituì il 1015 cc. L’anno dopo al vertice delle “sportive” debuttò la GS X3, con cilindrata maggiorata a 1299 cc e capace di 69 CV.